venerdì 26 ottobre 2007

SENTENZA
sul ricorso proposto da ALLOCCA MASSIMO, nato a Roma il 19/2/1969, avverso l’ordinanza emessa ex art. 310 c.p.,p. in data 9/3/2005 dal Tribunale di Roma, udita nella odierna udienza in camera di consiglio la relazione svolta dal Presidente Dott.LIONELLO MARINI, udito il Procuratore Generale presso questa Corte, nella persona del Dott. GIUSEPPE FEBRARO,i1 quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.


MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza emessa il 25 novembre 2005 il Tribunale di Roma ha rigettato l’appello proposto a norma deII’art. 310 c.p.p. da Allocca Massimo avverso l’ordinanza 9 marzo 2005 dello stesso Tribunale, reiettiva della richiesta di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, affermando che, a fronte del giudicato cautelare formatosi in conseguenza dell’avvenuto rigetto, con ordinanza in data 5 agosto 2005 del riesame proposto ex art. 309 c.p.p. dal predetto indagato avverso l’ordinanza emessa il 18 luglio 2005, applicativa nei confronti del medesimo della misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416 c.p,le questioni dedotte con la successiva domanda di revoca o sostituzione della misura cautelare, oggetto dell’appello cautelare, erano le medesime che erano state già oggetto del suddetto provvedimento reiettivo, e precisamente quelle con le quali era stata dedotta la inattendibilità delle dichiarazioni rese da tali Mancioli e De Sclavis, essendo per il resto rimasta immutata, a mente dell’art. 299, comma 1, c.p.p., la situazione storico-cautelare preesistente, già valutata in sede di emissione dell’ordinanza impositiva della misura ed in sede incidentale di riesame.
Ricorre per cassazione l’Allocca deducendo i vizi di mancanza mancanza e di manifesta illogicità della motivazione.
Assume il ricorrente che, diversamente da quanto affermato nel provvedimento reiettivo dell’appello, non fu proposto ricorso per cassazione né avverso l’ordinanza impositiva della misura né avverso quella emessa dal Tribunale in sede di riesame, e contesta che le doglianze mosse con l’appello ex art. 310 c.p.p. siano le stesse che furono a suo tempo poste a sostegno della richiesta di riesame, essendosi invece le prime appuntate sui temi dell’ordinanza di rigetto della domanda di revoca o sostituzione nella quale era stata ignorata la “defedata” valenza indiziaria delle contraddittorie dichiarazioni dei due chiamanti in correità e la motivazione di puro stile resa sul punto, laddove il giudice aveva affermato che il contrasto tra le dichiarazioni dei due chiamanti in correità Mancioli e De Sclavis esisteva, ma verteva su una vicenda secondaria ed era dovuta alla ‘già rilevata”‘ condotta processuale del Mancioli”, il quale aveva “più volte tentato di ridimensionare il proprio ruolo”, senza che il suddetto giudice avesse dato contezza della dichiarazione manoscritta del Mancioli, antecedente la chiamata fatta con il De Sclavis, secondo cui ben altri (il De Sclavis, come da costui dettogli) aveva sottratto sostanza stupefacente. stupefacente.
Oggetto dell’ appello non erano, dunque i punti di merito già trattati in sede di scrutinio di riesame, ma il merito dell’ordinanza, motivata su considerazioni del tutto nuove e diverse da quelle poste a base dell’ordinanza genetica della misura, e soprattutto sulla palese omessa valutazione sui fatti nuovi dedotti dalla parte
In definitiva, il giudice dell’appello cautelare avrebbe dovuto pronunciare nel merito.
Il ricorrente chiede a questa Corte di dichiarare, previo annullamento dell’ordinanza impugnata, cessata o sostituita la misura.
Il rcorso è infondato.
Invero, è lo stesso ricorrente a dare atto dell’avvenuta formazione del giudicato cautelare laddove afferma dì non avere mai proposto ricorso per cassazìone né avverso l’ordinanza impositiva della misura cautelare né avverso il provvedimento del Tribunale del Riesame.
E’ noto, infatti, che, a seguito delle pronunzie emesse, all’esito del procedimento incidentale di impugnazione, dalla Corte di cassazione, ovvero dal Tribunale in sede di riesame avverso le ordinanze in tema di misure cautelari, si forma una preclusione di natura endoprocessuale, sia pur avente una portata più modesta rispetto a quella propria della res ludicata, sia perché operante soltanto allo stato degli atti, sia perché essa non copre anche le questioni deducibili,ma unicamente le questioni dedotte,implicitamente od esplicitamente, nei pregressi procedimenti di ìmpugnazione,intendendosi queste ultime come le questioni che, quantunque non enunciate in modo specifico, integrano il presupposto logico di quelle espressamente dedotte (Cass. Sezioni Unite 8-7-1994,n. 28437, Buffa; Cass. Sez. I , 11-3-1999, n. 2093, P.M. n proc. Pipitone; Cas.Sez.IV 27-4-2000, n. 2604, Siciliani)
E’ noto, altresì, che anche nel giudizio di appello del processus Iibertatis disciplinato dalI’art. 310 c.p.p., trova applicazione il generalissimo principio del ne bis in dem, cosicché neppure
tramite lo strumentale ricorso aH’istituto della revoca, previsto dall’art. 299 dello stesso codice, possono riproporsi le medesime deduzioni avverso il provvedimento di custodia cautelare già rigettate in sede di riesame, senza elementi di novità che possano giustificare il superamento di quella preclusione (Cass. Sez. IV, 31-3-1999, n. 1013, Adduci), ed al riguardo va osservato che il giudice dell’appello ex art.310c.p.p., richiamato il giudicato cautelare formatosi, non ha mancato di sottolineare che la situazione “storico-cautelare” risultava invariata.
Trattasi di una valutazione di merito, così come di merito sono le doglianze del ricorrente concernenti la valutazione delle dichiarazioni manoscritte del Mencioli, sicché l’impugnata ordinanza appare immune dai denunciati vizi, non presentando connotazioni di illogicità, atteso che la motivazione resa supera decisivamente quella del provvedimento reiettivo della istanza di revoca oggetto dell’appello cautelare, a nulla valendo, di conseguenza, l’affermazione del ricorrente circa l’essere state oggetto dell’appello medesimo le argomentazioni svolte in detta ordinanza, n un contesto di riproposizione della medesima “questione” di assenta inattendibilità delle dichiarazioni di chiamanti in correità, senza una effettiva prospettazione di un quid novi tale da comportare la revoca o la sostituzione della misura adottata con l’ordinanza custodiale del 18 luglio 2005 emessa nei confronti dell’odierno ricorrente Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria di questa Corte provvederà all’adempimento di cui all’art 94, comma 1-ter delle
Disposizioni di attuazione del codice di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore
dell’istituto Penitenziario di competenza perché provveda a quanto stabilito nell’art. 23, comma i
bis Legge 8-8-1995 n. 332.
Così deciso in camera di consiglio, in Roma, il 4 maggio 2006.

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